Lo spiaggiatore

L’extracomunitario, che fa l’uomo sandwich sulla via, può trovare cento dollari con cui comprarsi il walkman. La cubista in crisi può essere salvata da un orsacchiotto di peluche. Il grassone, con cui dialoga la dj, può trasformarsi in una seducente figura. Può capitare anche il “lieto fine” – il mare visto dalle finestre di un ospedale – nelle quattordici fiabe metropolitane che Oliviero La Stella racconta immergendosi nelle molte piccole-grandi mutazioni quotidiane. Che sono osservate con attenzione minuta, radicale, tagliente come in certe pagine carveriane, e sono amorevolmente catalogate dentro uno spettro di casi in cui il lavoro ha molto peso e il tempo scandisce illusioni, speranze, disagi, crolli definitivi. Accomunati da un desiderio di chiarezza e di verità, uomini e donne, giovani e vecchi, borghesi e piccolo-borghesi, tutti i protagonisti e le comparse de Lo spiaggiatore si stringono nello spazio dell’infinita varietà della vita. Una “commedia umana” che scivola tra i “non luoghi” cittadini: condomini anonimi, uffici, locali notturni, redazioni di giornali, commissariati, confuse feste in villa, spaccati di borgata. Tutto un mobile universo di comportamenti e di gesti che l’autore illumina di un cecoviano sentimento dell’esistenza, guidato da un occhio malinconico e pietoso verso storie di individui spesso inermi, sconfitti, emarginati, chiamati comunque a una prova, a un necessario chiarimento, a un gesto che potrà dirsi decisivo.